Partenope: la vergine, questo è il significato del suo nome.
Dal greco Partenu-Opsis, ovvero, aspetto virgineo. Le raffigurazioni pittoriche e scultoree (pensiamo alla statua della Fontana della Sirena di Onofrio Buccino, in Piazza Sannazzaro a Napoli), la rappresentano bella, sensuale e apparentemente ingenua.
Di certo, nell’immaginario dei marinai d’altri tempi, le sirene dovevano essere creature affascinanti e attraenti al punto tale di indurli a tuffarsi in mare per seguirli in un amore eterno e mortale.
I lunghi giorni tra le onde delle tempeste, le tante notti passate al freddo e in solitudine erano sprone alla ricerca di un rifugio, quantomeno mentale, fantastico. E i suoni del vento tra le rocce e degli armamenti delle navi echeggiavano nei cervelli come canti lontani.
Inventare figure maliarde, mai viste prima, suadenti e misteriosamente inconsuete era farmaco di sopravvivenza. Creature diverse dalle proprie donne, estranee e letali e per questo eroticamente irresistibili.
Se Ulisse, avvertito di tal pericolo dalla maga Circe, riuscì e resistere fu solo perché si fece legare con salde cime a un albero della propria imbarcazione. E così, leggenda narra che la povera sirenetta innamorata, si lasciò morire di dolore sulla scogliera dorata di Megaride. Lì, sulla costa napoletana, dove ora sorge il Castel dell’Ovo. I marinai del luogo la venerarono per sempre, battezzarono col suo nome il loro territorio, eleggendola protettrice della città. Ancora oggi, uomini e donne di cultura e di scienza usano il suo nome per intitolare opere letterarie, luoghi d’apprendimento, eventi sociali e mostre d’arte. Perché, in fondo, la leggenda è il sale della storia. E il mare, si sa, di sale è pieno.
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